Plus Magazine 10

Più lavori, più produci, meno tempo hai per le relazioni umane e interper- sonali e per essere felici è necessario essere riconosciuti per il proprio valore umano, altrimenti si è soli. Lo diceva anche Aristotele che per essere felici dobbiamo rispecchiarci nel volto degli altri. L’economia si è basata negli ultimi decenni sul concetto di Individualismo libertario: ognuno fa da sé, con un’autocostruzione dell’Io che genera solitudine. Allora, professore, come si può tendere alla felicità in uno scenario come questo? Oggi siamo nell’epoca del post taylorismo. Nel taylorismo l’impresa corri- spondeva al manager. Oggi c’è sempre più una netta distinzione fra proprie- tà e gestione. Il manager deve soddisfare l’imprenditore, ma deve vedersela anche con i collaboratori e rischia così di essere preso inmezzo a un“conflit- to di interessi”. Se ne esce ritrovando il rapporto fra economia e etica. La logica business in business and gift is gift è una logica dissociativa e schizo- frenica. Il credo che l’economia ha una sua logica è errato. Innanzitutto, occorre tornare a parlare di sviluppo e non di crescita. Dal latino “sviluppo”: togliere le catene. In secondo luogo, dobbiamo riscoprire il leader d’impresa come un educatore, dal latino “e ducere”, portare fuori, cioè fare avanzare i destini dell’azienda. Mi piace citare Thomas Merton, manager statunitense convertitosi in monaco trappista, autore del best seller Nessun uomo è un’isola : “Il tempo sfugge fra le nostre mani ma può sfuggire come sabbia o come sementi, con la differenza che queste ultime danno frutti”. settembre 2015 | Plus Magazine | PROTAGONISTI 07 PROTAGONISTI Guardando all’attualità, abbiamo letto del- la sua avversità al decreto definito Investement Compact, che all’articolo 1 prevede che le mag- giori banche popolari diventino società per azio- ni. Il tema è caldo perché stiamo parlando di dieci istituti sopra gli otto miliardi di attivi. Il “Decreto Banche Popolari” è inaccettabile nel metodo e inadeguato nel merito. È inaccettabile, perché in una economia di libero mercato non può essere l’organo politico ad imporre – con la forza della legge – ad un soggetto economico di mutare la propria identità. Questa appartiene alla libera scelta dei cittadini. Il governo può interve- nire sullo schema di incentivo oppure usare la “moral suasion”, ma non può usare la costrizione a meno di uscire dall’orizzonte della democrazia liberale. Il decreto poi è inadeguato, perché can- cella un pezzo importante della storia bancaria del nostro Paese. In particolare, mina alla base la biodiversità economico-finanziaria: e questo è un grande pericolo. È vero che le grandi banche popolari hanno bi- sogno di essere regolate per le ragioni che tutti ormai conoscono. Ma si doveva agire con il me-

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