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settembre 2015 | Plus Magazine | NEWS 29 NEWS Sono ben 650 milioni i cinesi che hanno una propria vita on-line, più del doppio del numero dei cittadini a stelle e strisce. Ma mentre i no- stri cugini americani (e occidentali in genere) frequentano più o meno il nostro stesso mondo virtuale, i cybernauti cinesi vivono in un uni- verso parallelo, completamente e rigidamente separato dal resto della popolazione mondiale. E non si tratta di una scelta, perché i totem tec- nologici occidentali del web quali Google, Twit- ter, Facebook, Wikipedia, YouTube, sono proibi- ti in Cina a causa delle leggi emanate dal Partito Comunista contro la libertà di espressione e a tutela del regime. Un vasto sistema di censura on-line, comunemente e ironicamente chiama- to La Grande Muraglia, impedisce ai cittadini di accedere a materiali che vengono ritenuti po- tenzialmente pericolosi per lo stato cinese. L’avvento delle cosiddette Primavere Arabe, che hanno fatto scoprire il potenziale politico esplo- sivo di Internet e la sua capacità di aggregazione, ha ancor più stretto le maglie del firewall infor- matico attorno alla Cina. Così, con una popo- lazione di circa 1 miliardo e trecento milioni di persone e pur essendo la seconda economia mondiale, Pechino è sostanzialmente “stacca- ta” dal resto del globo e costituisce – di fatto – una specie di gigantesco Intranet, dove vivono e proliferano veri e propri cloni delle aziende occidentali, dando così vita ad un gigantesco mercato chiuso. La domanda è: “Quanto può durare questo stato di cose? Sarà questa la nor- malità oppure la Cina dovrà alla fine – per amore o per forza – integrarsi con il resto del mondo?”. Le premesse non sembrano incoraggianti e, se un mercato del genere non può non fare gola alle multinazionali americane, le autorità cinesi non sembrano intenzionate a mollare la presa sul cyberspazio. Anzi, intendono semmai reagi- re e contrattaccare. L’anno scorso Gmail è stata, per la prima volta nella sua storia, completamente bloccata da un attacco informatico e, subito dopo, stessa sorte è toccata a Microsoft Outlook, cioè le due prin- cipali aziende occidentali che forniscono servizi di posta elettronica in tutto il mondo. Da allora, le comunicazioni web da e per la Cina, non sempre affidabili, sono diventate so- stanzialmente molto più difficoltose, anche per coloro che sono “autorizzati” ad accedere ai siti stranieri per le loro ricerche, come è il caso degli insegnanti universitari. Il Partito Comunista Cinese sembra anzi de- cisamente più interessato al controllo che non all’innovazione, anche se è indubbio che le start-up cinesi stiano mietendo successi in tutto il mondo, portando concorrenza all’esterno della Cina in campi estremamente sofisticati e tecnologicamente avanzati, come era già avvenuto con l’Unione Sovietica durante la corsa per la conquista dello spazio. Tuttavia, per molti cinesi, come abbiamo visto in apertura, probabilmente le cose vanno benissimo così. In fin dei conti, il loro Intranet funziona piuttosto bene e assicura tutto quanto un moderno utente di Internet può desiderare: dal cibo ai servizi, fino agli acquisti più diversi e anche piutto- sto impegnativi, visto che solo a Shangai sono state vendute più di 30 mila auto on-line negli ultimi quattro anni! Certo, quello che agli inizi in molti avevano immaginato e teorizzato, e cioè che Internet avrebbe provveduto alla circolazione di un’informazione sempre più libera abbattendo le vecchie barriere nazionali e catalizzando le forze per una maggiore democratizzazione della società, non si sta certo realizzando per il gigante asiatico. L’interrogativo sulla capacità delle logiche di mercato di forzare la nuova Grande Muraglia, di integrare la Cina rompendo il circolo chiuso dell’In- tranet sub-continentale rimane quindi, per ora, senza risposta. Mentre, vista la creazione lo scorso anno del “Dicastero per l’Amministrazione del Cyberspazio”, direttamente dipendente dal massimo vertice del potere ci- nese, sembra proprio che per la libera circolazione delle idee occorrerà attendere ancora per un bel pezzo. Il miliardario Lei Jun, fondatore, Presidente e Amministratore Delegato di Xiaomi Corp., a sinistra, scatta una fotografia con uno smartphone durante una conferenza a New Delhi, nello scorso aprile. In secondo piano Bin Lin, Presidente e co-fondatore della Società.

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