Plus Magazine 43

4 DICEMBRE 2023 | PLUS MAGAZINE Lui è un grande attore ed è riuscito a creare un antieroe che su Delia usa una violenza sia fisica che psicologica, facendola sentire inetta e inadatta. A proposito di discriminazione femminile, esiste anche nel cinema? Nel mio percorso lavorativo ho notato tante volte degli atteggiamenti discriminatori. Sono capitati a me come ad altre colleghe. In questo mio debutto alla regia, invece, sono stata molto fortunata perché ho avuto un grande appoggio da parte di una produzione composta sia da uomini sia da donne. Nel film non faccio proclami femministi, faccio il mio mestiere e racconto storie. Se qualche donna si è rispecchiata nella protagonista, però, ne sono molto onorata. Per raccontare la violenza femminile ti sei documentata? Come ti dicevo, mi sono basata sui racconti di un tempo però ho anche studiato alcuni atti processuali di oggi. Purtroppo le dinamiche sono le stesse del passato: la vittima viene isolata, umiliata, fatta sentire una nullità e picchiata. Nel film non si parla solo di maltrattamenti fisici e psicologici, ma anche di temi che purtroppo sono sempre attuali come la differenza nel trattamento economico tra lui e lei nel mondo del lavoro. Secondo te come si può fermare o limitare l’abuso sulle donne? La sottocultura del terrore ci dice che ogni 72 ore si consuma una violenza domestica. Un dato raccapricciante. Personalmente vorrei che si facesse educazione sentimentale a scuola e che si insegnasse ai ragazzi e alle ragazze la delicatezza, il rispetto per gli altri e per se stessi, il valore delle emozioni. Ci vorrebbe un lavoro congiunto tra la scuola e i genitori perché solo formando giovani consapevoli si può creare un futuro di uguaglianza reale. È importante anche documentarsi per capire che non siamo più negli anni ‘40, ma che certe situazioni esistono ancora. Parlare, condividere, confrontarsi è fondamentale per conoscere. Tornando al film, ti aspettavi tutto questo successo? Ci speravo, perché ho fatto attenzione ad ogni dettaglio, ma non immaginavo di ricevere questo immenso affetto da parte dei colleghi e del pubblico. Sono felice perché ho fatto il film che volevo e come volevo perché sai, quando scrivi non è sicuro che le cose vadano come le pensi. Per me è stata una grande soddisfazione realizzare questa pellicola, ma aver ricevuto tanta stima è qualcosa di travolgente. i professionisti del settore per cui ho scelto chi mi corrispondeva. Da 10 anni infatti scrivo le sceneggiature di gran parte dei film che ho interpretato. Sul set c’erano gentilezza e allegria. Mi sono e ci siamo divertiti. Perché hai scelto di girare in bianco e nero? Il film è ambientato nel dopoguerra e la cinematografia dell’epoca, quella del neorealismo, non era a colori. Il direttore della fotografia, Davide Leone, ha fatto un grandissimo lavoro in tal senso. Tutti hanno collaborato con grande professionalità: la scenografia si è interfacciata con chi si occupava dei costumi per far sì che nelle riprese in bianco e nero non ci fosse sovrapposizione e confusione tra l’abbigliamento e lo sfondo. Tutti hanno dato fiducia alla storia e sposato questo progetto ed è grazie a loro che oggi sono in sala. Le musiche, selezionate con grande cura, dettano il ritmo della storia. Come le hai scelte? Le melodie sono una parte fondamentale della scrittura perché accompagnano e sottolineano la narrazione. Pensa, ad esempio, a una delle prime scene di violenza domestica che è raccontata proprio dalla musica. Lele Marchitelli è l’autore delle composizioni originali, ma oltre alle sue ce ne sono di già famose che lui, con molta umiltà, ha accettato. Ci sono brani di Fiorella Bini e Achille Togliani, ma anche di Lucio Dalla, Nada, Daniele Silvestri, Fabio Concato e ancora innesti internazionali di hip hop, elettronica e rock alternativo. Roma è una protagonista della storia. È stato complicato trasformare la città di oggi in quella del 1946? A fare da sfondo alla trama c’è Testaccio, un rione all’epoca molto popolare nel senso che era abitato da persone umili che facevano fatica ad arrivare a fine mese. La scenografa Paola Comencini ha fatto un lavoro fantastico ed è anche riuscita a trasformare una parte del mercato di Testaccio, che esiste attualmente, in un mercato ortofrutticolo dell’epoca. Ha davvero curato meticolosamente ogni dettaglio perché sembrasse reale. Per eliminare le antenne sui tetti dei palazzi del rione di oggi sono invece stati utilizzati gli effetti digitali, mentre gli interni li abbiamo ricreati a Cinecittà. Valerio Mastandrea è un cattivo… cattivo. (Ride). Esattamente. È un cattivo non affascinante. In famiglia tutti lo temono, ma è anche un pochino idiota. Con Mastrandrea volevamo essere sicuri che nessuno si immedesimasse in Ivano perché a volte i personaggi negativi sono fighi e quindi vengono emulati. Grazie alla bravura di Valerio il suo personaggio non è iconico. COPERTINA

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